IL LIBRO DELLA SETTIMANA
Ru suònne
Fatte e fattarielle de paese
Autore: Tommaso Marzano
Editore: Grafica Isernina
Anno: 2004
Tipologia: Libri dialettali
Pagine: 130
Foto di copertina:
“Il camino dei nonni” di Ida Marzano
Presentazione del libro
Questo breve lavoro raccoglie una serie di fatti, vissuti personalmente o appresi per tradizione orale e diversi per tipologia, situazioni, significato e collocazione temporale, ma con una particolarità comune: sono tutti realmente accaduti. Ho provveduto, per ovvi motivi, a cambiare qualche nome, a caratterizzare alcuni protagonisti, a colorare scene ed immaginare dialoghi ma tutti gli episodi narrati sono, nella loro sostanza, veri o verificati.
Le vicende raccontate sono racchiuse nell’arco temporale di circa cento anni, a partire dall’ultimo decennio del secolo XIX; l’ambiente vissuto è quello di Castel di Sangro, piccolo e vivace paese nelle montagne d’Abruzzo, al confine con il Molise, già strategico centro dei Sanniti e Municipium dei Romani, che lo dotarono di un proprio senato, operoso ed ambito borgo medievale che si costituì in Università, come allora si definivano i comuni parzialmente autonomi, elevato al rango di “Città” nel 1744 da re Carlo III di Borbone per “l’ingegno e la laboriosità degli abitanti”, prescelto nel 1987 a rappresentare la propria provincia nel ristretto novero dei “100 Comuni della piccola grande Italia”, ma probabilmente più conosciuto per i suoi miracoli calcistici degli anni ’90. All’interno di tanta storia, quale senso può avere la proposizione di piccoli aneddoti oggettivamente privi di rilevanza? Quello di tentare di tramandare lo spirito di un mondo e di una società che non ci sono più. Ogni racconto vuole essere una pennellata per abbozzare il quadro di una comunità nella quale la povertà materiale si sposava con la ricchezza intcriore, l’ignoranza e la cultura tradizionale si coniugavano con l’arguzia ed il buon senso, la carenza di risorse e l’ostilità ambientale si misuravano con la tenace laboriosità e la naturale e mutua solidarietà sociale; una comunità semplice ma determinata, ingenua ed essenziale, “forte e gentile”, che faceva perno sulla tradizione e la fede religiosa e che a sofferenze, tribolazioni e tragedie contrapponeva una gioiosa, indomabile voglia di vivere.
I fatti raccontati sono stati pensati e scritti in dialetto per rispettarne l’autenticità e, soprattutto, per conservarne la vivezza, l’ambiente, il profumo e la spontaneità che solo il dialetto può rendere. Chi è in grado di capirla, farà bene a leggere i racconti nella loro lingua originaria, avendo cura di osservare le brevi convenzioni fonetiche riportate di seguito.
II testo italiano, a fronte, è una semplice traduzione, fedele quanto basta per un fornire un alibi al mio dilettantismo letterario, ma non tanto da arrecare offesa alla lingua italiana.