AGNONE – Dopo i tagli che la politica abruzzese ha deciso di eseguire all’interno degli ospedali di Castel di Sangro e Atessa con la chiusura dei due punti nascita, il Caracciolo è divenuto un punto di riferimento anche per le popolazioni di Alto e Medio Sangro. Tuttavia questo non potrebbe bastare affinché politici molisani possano tenere in vita la struttura di Agnone. Nonostante ’attrazione di circa l’80% dei pazienti proviene da fuori ambito e soprattutto fuori regione.
Infatti, torna prepotentemente alla ribalta la questione sanità in Alto Molise. Chi anche per un momento si era illuso che la mannaia dei tagli in merito al riordino regionale non avrebbe intaccato il San Francesco Caracciolo, l’ospedale di frontiera tra Abruzzo e Molise, si sbagliava. E pure di grosso.
Perchè dopo quanto sta accadendo a Venafro e Larino, iniziano a circolare le prime indiscrezioni sul futuro dell’ospedale agnonese. Notizie negative che tuttavia possono ritenersi attendibili, considerato che a renderle note tramite il sito della diocesi di Trivento, è il direttore della pastorale sanitaria, don Francesco Martino.
Il San Francesco Caracciolo diventerà un mero poliambulatorio che con il tempo verrà trasformato in una Rsa (residenza sanitaria per anziani). Il ciò significa meno posti di lavoro e quindi – come scrive la Chiesa – un intero territorio va verso la morte sicura. Perchè è cosa risaputa l’ospedale cittadino è la prima “fabbrica” di Agnone visto che dà lavoro a circa 250 addetti.
«In questi giorni l’Asrme sta elaborando l’atto aziendale, e l’Alto Molise dovrebbe essere anche lui interessato da una progressiva riduzione o “rimodulazione” dei servizi sanitari – scrive don Francesco Martino – Il direttore generale Percopo, venendo ad Agnone il 21 dicembre, aveva affermato che “bisogna diminuire tutti per crescere un po’ tutti”, rispondendo, in un certo senso all’ing. Sciulli che aveva affermato di aver avuto l’assicurazione che nel futuro atto aziendale sarà prevista la costituzione di un’area montana speciale con autonomia gestionale.
In effetti, un grande riserbo sta circondando l’emanazione dell’atto aziendale, che è un atto dovuto richiesto con grande insistenza e sollecitudine dal Ministero, per l’attuazione del Piano di Rientro. Secondo alcune voci sindacali – prosegue il parraco da sempre molto sensibile alle problematiche del San Francesco Caracciolo – che avrebbero soltanto “visto” il documento, sembrerebbe che per l’ospedale dell’Alto Molise si vada progressivamente presso l’ipotesi di un attrezzato poliambulatorio, data l’esiguità crescente della popolazione.
Si attuerebbe, così, nel giro di 2-3 anni una sorta di “eutanasia dolce” che vedrebbe mano mano tagliati i vari servizi ospedalieri, sostituiti con la Rsa, inizialmente prevista nella struttura attuale. D’altronde, i segnali sembrerebbero confermare tale ipotesi : in ostetricia, un reparto frontiera della struttura, che nonostante le crescenti difficoltà di personale fino ad oggi ha garantito un servizio qualificato e di eccellenza, passando dai 130 ai 180-190 parti annui, i contratti di lavoro alle ostetriche, che sono decisivi per mantenere il punto nascite, sono stati rinnovati solo per 2-3 mesi».
Infine l’ennesimo invito alla classe politica regionale di realizzare un polo sanitario per l’intero comprensorio montano, come tra l’altro già paventato in passato. «Il vero discorso da fare è chiedersi quale può essere la collocazione strategica del piccolo ospedale San Francesco Caracciolo nel contesto regionale, a fronte di un impoverimento progressivo dei servizi di una vasta area montana interna, i cui confini sono da individuare molto oltre l’Alto Molise, e precisamente Alto e Basso Sangro, Triventino, zona di Frosolone, Alto Volturno. Perchè i servizi sul territorio, a fronte del piano di rientro, sono pura utopia: di ieri sono le preoccupazioni per i poliambulatori di Trivento e di Frosolone, oggi, pare, che anche nel Distretto Alto Molise le manovre che sono state poste in essere porteranno, per la logica di “eutanasia dolce”, a far cessare la specialistica sul territorio.
E’ questo un discorso da affrontare: è proprio così incongrua l’Idea della Diocesi di Trivento di un’Area Montana vera, effettiva, che raggruppi una parte della Provincia di Isernia con Alto Molise, zona di Frosolone e il Triventino, con Poliambulatori a Frosolone e Trivento e Ospedale di Zona Montana ad Agnone, con autonomia gestionale e un budget certo di 30 milioni di euro? Anche perchè, sul piano socio economico, la zona intera sta progressivamente morendo: la perdita dei servizi sanitari e scolastici contribuirà semplicemente al crollo finale dell’Area.
Occorre, tuttavia, una risposta veramente seria dal presidente Iorio, da Percolo e dall’assessore Franco Giorgio Marinelli: perché la direzione politica amministrativa risultante di fatto ci dice che ogni anno si perdono nei servizi sanitari 8-9 unità che non vengono rimpiazzate, che i contratti a tempo determinato di altre 15-20 unità professionali fondamentali, quali medici, infermieri ed ostetriche, vengono rinnovati con crescente difficoltà e a seguito di guerre e pressioni estenuanti; che le richieste di strumentazioni radiologiche, chirurgiche ed ecografiche sono spesso eluse, generando frustrazione negli operatori; che spesso vengono prese decisioni che complicano i servizi e non sono di alcun risparmio.