ROCCARASO – Ma che c’entriamo noi con l’Alto Sangro? Anche perché la Comunità montana che ci vedeva legati è praticamente morta. Se c’era una ragione di opportunità politica ed economica nella istituzione, questa è fallita, perché fallimentare è stata la sua gestione del territorio che si volle andasse da Pescasseroli a Rocca Pia, con il duplice nome di “Comunità Montana dell’Alto Sangro e dell’Altopiano delle Cinquemiglia”.
Nobile intento, quello dei politici di allora, ma praticamente inutile visti i risultati, ad incominciare dai problemi legati al funzionamento ottimale dell’ospedale di Castel di Sangro, dove, peraltro, la stessa politica ha prodotto i danni più rilevanti e forse irrimediabili, e per finire nella perdita di quei 26milioni di euro, dei quali una parte si sarebbero dovuti destinare immediatamente alla risoluzione dell’altro problema legato all’innevamento artificiale, con il prelevamento dell’acqua dai pozzi di Pizzo di Coda.
Ad onor del vero l’unico momento significativo di attività politica e amministrativa fu il tentativo, peraltro riuscito, del presidente Siro Piero Gargano della costituzione del Consorzio Skipass, che volle inglobasse anche Pescasseroli, all’insegna dell’intero territorio comunitario, e che la miopia degli impiantisti dell’Aremogna, di Monte Pratello e perché no di Pescocostanzo non voleva che esistesse. E di questo va dato merito, senza ombra di dubbio, alle capacità politiche dell’allora sindaco di Castel di Sangro. Per il resto il nulla. L’effimero il cui significato voglio trarlo a ragione e pretestuosamente per il seguito, dato il personaggio che citerò, dal vocabolario Sabatini Coletti: Che dura un giorno; che ha breve durata, fugace; che è transitorio, inconsistente.
A questo punto è ora di rivendicare la propria identità territoriale, rafforzarla, credere nel proprio territorio storicamente individuato. L’Alto Sangro comprende il territorio dei comuni che vanno da Pescasseroli ad Ateleta, con un distinguo per quelli che ricadono nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Gli Altopiani maggiori d’Abruzzo comprendono il territorio dei comuni di Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo e Rocca Pia. Abbiamo dimostrato di non essere maturi e capaci per fondere insieme queste due identità e allora tanto vale rincominciare daccapo per cercare di rendere almeno uniti, vivi e produttivi gli abitanti dei due territori così definiti.
E’ sufficiente guardare al degrado ambientale e urbanistico dell’intera Comunità montana per affermare definitivamente e a ragione il suo fallimento. La speculazione edilizia ha distrutto ogni cosa a incominciare dal tessuto sociale per finire allo sviluppo turistico, che non c’è stato, anzi, che vive su posizioni di retroguardia, incapace soprattutto di assicurare il sostegno di vita dei nostri giovani. Mi risulta che la necessità di “risalire” dalle rive del Sangro su all’Aremogna è dettata anche qui dal trabocchetto del “Cavallo di Troia” e perciò si invocano e si invitano gli abitanti degli Altopiani a dimenticare l’identità etimologica del proprio territorio per assumere in via definitiva quella di Alto Sangro.
Se il ritmo deve essere dettato dal forsennato sviluppo edilizio io non ci sto, i cittadini degli Altopiani devono finalmente incominciare a pensarlo in maniera diversa, indirizzandolo ad un diverso sviluppo dell’attività di ospitalità, oserei dire devono ripudiarlo definitivamente. E per questa improrogabile necessità mi piace parafrasare il titolo della trasmissione del maestro Alberto Manzi, quando ancora bambini guardavamo la televisione per imparare a scrivere e pensando già da allora ad un roseo futuro, che ahimè non è stato poi così tanto roseo: “Non è mai troppo tardi”.
Se si è stati incapaci di guidare all’unisono lo sviluppo dell’industria dell’ospitalità, che doveva essere basata prevalentemente nella crescita dell’attività alberghiera, affiancata sicuramente da un’edilizia di qualità, a basso impatto ambientale per quanto concerne un numero estremamente limitato di seconde case, a che serve stare insieme? Le valli del Trentino e dell’Alto Adige sono entità ben definite e solide nella loro identità, ma che collaborano insieme, eccome. Lì le amministrazioni provinciali le tengono unite e guidano il loro sviluppo edilizio per meglio indirizzare quello turistico con leggi intelligenti.
E non si venga a raccontare la storiella della loro autonomia. Perché, c’è qualcuno che possa impedirci di sancire, sia pure a livello comunale, ma all’insegna di un unico intento comunitario, di destinare solo il venti per cento delle nuove costruzioni a residenza secondaria, così come hanno fatto in quelle zone?
Quindi voglio, appunto, rincominciare da zero, tornare alla geografia e alla storia con l’aiuto del Prof. Francesco Sabatini per affermare finalmente l’identità della mia gente. Sono stati bravi i quattro sindaci ad essere presenti da alcuni anni, tutti insieme con i gonfaloni comunali, alle solennità dei quattro protettori, ma non basta lanciare un segnale d’intento, devono al più presto incominciare ad operare con una sola voce, quella degli abitanti degli “Altopiani maggiori d’Abruzzo”. Ma torniamo al Professor Sabatini e al suo libro del 1960 intitolato: La regione degli Altopiani maggiori d’Abruzzo, dove al capitolo 1 scrive:
“… la Strada Statale 17… serpeggia a lungo sull’uno ora sull’altro ripido versante, per raggiungere l’arduo valico di Fontanella che apre infine la vista sull’immenso Piano delle Cinquemiglia. E’ questo il primo e il più suggestivo dei grandi altopiani che, proseguendo, si scoprono in verde meraviglia distesa. Questi altopiani, e le catene dei monti che li racchiudono e li separano, formano, in un complesso fisico ben distinto di circa 300 kmq di superficie, come una grande roccaforte naturale, che appare di una struttura ordinata e regolare. Quattro poderose catene di monti sono qui disposte parallelamente con direzione N.O.-S.E. (secondo l’asse prevalente dell’Appennino) e sono, partendo dalla più settentrionale, la catena del M. Porrara (m. 2136), grandiosa propaggine della Maiella, quella del M. Pizzalto (m. 1969), quella del M. Rotella (m. 2127) e, più vasta e complessa delle altre, quella che culmina col M. Greco (m. 2283) e con altre punte assai elevate (Rocca Chiarano, m. 2270; M. Genzana, m. 2170; Toppe del Tesoro, m. 2145; M. Pratello, m. 2050).
Tutte sono costituite da masse di calcari che a volte si elevano in pile compatte e di massiccia consistenza come nel M. Porrara. A sud di queste catene e con direzione perpendicolare ad esse, si stende una quinta catena, che culmina col M. Sécine (m. 1883), meno impervia delle altre, dal profilo dolce e rotondeggiante. Ma più che le catene dei monti, sono gli altopiani verdi, con la loro pacata dolcezza e a volte la solitudine selvaggia, la nota dominante del paesaggio. Essi si stendono meravigliosi negli intervalli che corrono tra le catene montuose, e benché sia frequente in Abruzzo il tipo dei piani carsici, questi restano inconfondibili per il perfetto livellamento, l’elevata altitudine, la vastità e il loro raggruppamento, che ne fanno <<il sistema più grandioso della regione appenninica>>.
Il gruppo centrale è costituito dal Piano delle Cinquemiglia, dal Prato, dai Piani di Primo Campo, del Quarto Grande e del Quarto del Barone, e dal Quarto di Santa Chiara, i quali, livellati quasi ad una stessa altitudine (dai 1230
ai 1280 m.) e separati tra loro da piccole soglie rocciose, formano in definitiva una gigantesca piattaforma di circa 30 kmq. di superficie. A questi si aggiungono, isolati e a diversa altezza, a nord il Piano Cerreto (m. 1050) alle pendici del M. Porrara, e a sud il Piano dell’Aremogna (m. 1450), nella catena del M. Greco.
Questi altopiani, chiaramente di origine carsica e alluvionale, sono tutti bacini chiusi, meno uno, il Prato, nel quale scorre il torrente Ràsino che poi si getta nella Valle del Sangro; l’altro torrente, il Vera, dopo circa 12 Km. Di percorso, si versa in <<inghiottitoi>> e procede poi per vie sotterranee. … Considerata, poi, in rapporto alle altre regioni direttamente confinanti, la regione degli altopiani si rivela come un punto d’incrocio e di scambio delle influenze e dei traffici di tre calli d’una certa importanza che la circondano: sono la Valle di Sulmona, la Valle di Castel di Sangro e la Valle dell’Aventino, che sono in comunicazione fra loro attraverso la comoda piattaforma degli altopiani. L’esame della storia permette di rilevare come proprio la ubicazione abbia influito in maniera decisiva sulla vita di questi centri, soggetti, secondo la loro <<esposizione>>, a una influenza alternativamente diversa, anzi opposta, col mutare delle condizioni generali della vita italiana”.
Ecco, e siccome buona ultima delle alterne vicende del passato, il cammino nella Comunità montana non ha prodotto alcun beneficio alla gente degli Altopiani maggiori, (neppure quello della rappresentanza politica, visto che ogni volta invece di unire le forze, ognuno va a ruota libera, col risultato di non avere neppure un rappresentante alla Regione, a fronte di una popolazione dell’intera Comunità comunque di circa 15mila abitanti) è giunta l’ora di affermare la nostra autonomia, di infondere nella mente e nel cuore della nostra gente il concetto di identità, quello di appartenere al territorio degli “Altopiani maggiori d’Abruzzo” e far sì che questa convinzione sia la forza per ripartire tutti insieme: Roccaraso, Rivisondoli, Pescocostanzo e Rocca Pia. (E non me ne voglia nessuno per l’ordine in cui li ho elencati).
L’affermazione, rivolta agli abitanti dell’Alto Sangro, è la stessa, e l’augurio per tutti è che in futuro, forti di una nuova e produttiva esperienza in comunità ristretta, si riesca a formulare e realizzare progetti comuni ogni qualvolta le esigenze rivolte al bene delle due comunità lo richiedano.
Da www.lamiaroccaraso.it Ugo Del Castello