AGNONE – Si è parlato tanto ed ancora tanto si parla in Alto Molise dell’ospedale “San Francesco Caracciolo” e della sua sopravvivenza, legata ad incredibili logiche di tipo contabile o peggio, di carattere politico, distanti anni luce da quelle che sono le realtà locali.
In regione sono in molti a non conoscere il quotidiano vivere dei pazienti-utenti di queste parti che per motivi di salute trovano conforto ed accoglienza – ancora per poco, però – nel nosocomio locale.
Grazie alla tecnologia, riportiamo alcuni passi di un’email scritta all’interno di un reparto dell’ospedale. Il mittente è un giornalista, sorprendentemente nostro lettore, che per motivi di privacy ci chiede di garantirgli l’anonimato: cosa che avremmo fatto a prescindere.
La sua “fotografia” giunge in redazione con sorpresa, ma il collega, evidentemente, è uno di quelli che non si arrende e nonostante sia alle prese con accertamenti sanitari delicati, armato di pazienza e computer vuole lasciare una testimonianza singolare, ma soprattutto vera, perché vissuta sulla sua pelle e dunque, raccontata nella duplice veste di protagonista-cronista.
“Sono giunto in ospedale per un semplice accertamento periodico – esordisce il free-lance – un day hospital come tanti, per un controllo di routine. Lo specialista al quale mi sono rivolto, però, ha imposto un ricovero forzato. Non che il suo insistere mi abbia disturbato, ma semplicemente incuriosito. Un valore di una lunga lista di analisi, associato ad un episodio che gli avevo riferito non lo hanno convinto e quindi senza il mio insistere, ha voluto vederci chiaro.
Non sono un suo parente, ne amico di un amico, e neanche un suo conoscente. Sono un semplice paziente, uno dei tanti che ogni giorno orbitano in questa sontuosa struttura moderna, accogliente e ben organizzata. Solo ora capisco da dove nasce il vanto per gli agnonesi di possedere un luogo di cura con personale qualificato, disponibile, efficiente e dai tratti umani non comuni”.
Il nostro amico- lettore, infatti, è un utente proveniente da una grande città del centro sud, dove per ovvi motivi, i pazienti sono considerati poco meno di numeri e gli appuntamenti vengono fissati a distanza di mesi. “Credevo fosse un sogno – continua il reporter – come sono giunto in reparto mi hanno fatto una serie di analisi ed altri interventi in radiologia con una celerità vista solo nei telefilm americani. Inizialmente ho pensato di essere stato scambiato per un’altra persona. Dopo qualche giorno, girando per i reparti e le stanze, e colloquiando con i degenti mi è sembrato di essere più in una clinica, che in un ospedale di provincia, così ho ben capito che quel trattamento è lo standard riservato a tutti i ricoverati.
Pensavo, naturalmente, che la qualità dei pasti fosse mediocre, ospedaliera, dozzinale. Altra convinzione sfatata da un’accuratezza riscontata nel confezionamento, nei condimenti e nella qualità di tutte le pietanze: addirittura usano molti prodotti caseari locali! Per meglio capirci, le eccellenze gastronomiche del territorio.
Praticamente un albergo 4 stelle con ristorante annesso, migliore, senza dubbi di taluni sparsi nella Penisola”.
Non ci sono concitati momenti di cronaca in queste righe, non esistono scandali-denuncia ai quali molti quotidiani ci hanno abituato da tempo. Non vi parliamo degli esiti degli accertamenti che il collega ci riferisce “ esaustivi in grado di determinare ottime manovre operative”. Semplicemente il piacere di riferirvi che in Italia, nella fattispecie in Alto Molise, ancora ci sono realtà sanitarie in contro tendenza che operano bene e funzionano perfettamente, come quella di Agnone.
Ed il paradosso è questo: invece di tentare di salvarle ci si preoccupa di chiuderle. In bocca al lupo al reporter d’eccezione, con l’augurio di una buona e pronta ripresa!